IL DANNO BIOLOGICO DA RADIAZIONI IONIZZANTI

Il danno biologico da radiazioni ionizzanti può interessare direttamente l’individuo esposto (danno somatico) oppure i suoi discendenti (danno genetico).

danno somatico - danno genetico

A) IL RISCHIO SOMATICO

I danni biologici da irraggiamento per l’individuo esposto sono divisibili in due categorie:

  • Danni di tipo deterministico:

Sono danni prevedibili nel senso che ad una certa dose di esposizione a R. I. corrisponde sicuramente l’insorgenza di un certo numero di effetti nell’ individuo esposto, con una gravità direttamente legata alla dose assorbita durante l’esposizione. In tal caso è possibile prevedere quali conseguenze e dopo quanto tempo dal momento dell’irraggiamento, potranno manifestarsi nell’ organismo dell’individuo sottoposto ad irradiazione (come è possibile calcolare la dose necessaria per alcune procedure terapeutiche o prevedere gli effetti di esposizioni accidentali). Sono comunque necessarie dosi relativamente elevate. Possono inoltre manifestarsi una serie di patologie dovute a esposizione frazionata per anni a basse dosi come le radiodermiti croniche (cute del radiologo) e le anemie croniche (sangue del radiologo).

  • Danni di tipo stocastico:

Non vi è certezza ma solo probabilità che compaiano a seguito di esposizione a R. I. Tale probabilità è legata all’entità della dose ed è legata alla frequenza di accadimento del danno e non alla sua gravità. Sono danni (leucemie e tumori maligni) che si manifestano solamente in una limitata percentuale degli irradiati nel volgere degli anni o decenni.

Danni di tipo stocastico

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA RISPOSTA BIOLOGICA ALLE RADIAZIONI

I fattori che influenzano la risposta biologica alle radiazioni sono:

A) FISICI

  • Tipo di energia delle radiazioni ionizzanti.
  • Entità della dose assorbita.
  • Distribuzione della dose assorbita nello spazio e nel tempo.

B) BIOLOGICI

  • Caratteristiche intrinseche delle unità biologiche irradiate: suscettibilità di danno; numero di unità esposte al rischio; cinetica del sistema; attività metabolica; capacità di recupero e di riparazione.
  • Caratteristiche dell’ambiente biologico locale e generale: condizione di nutrizione e di ossigenazione; vascolarizzazione; competitività biologica; meccanismi di controllo omeostatici; reattività immunitaria.

I fattori di rischio sono normalmente espressi come probabilità di contrarre un cancro per una esposizione di 1000 mSv.

Il danno di tipo precoce è legato all’ eventualità di situazioni incidentali e non fa parte della routine quotidiana del lavoratore del comparto sanità, mentre l’eventuale danno di tipo tardivo, leucemie e tumori maligni, poiché può manifestarsi anche per esposizioni a basse dosi, diviene l’oggetto d’ interesse prevalente secondo i nuovi indirizzi della sorveglianza medica della radioprotezione.

B) IL RISCHIO GENETICO

  • I RISCHI PER IRRADIAZIONI IN UTERO

L’embrione e il feto sono sensibili alle radiazioni e, come avviene anche nell’ esposizione agli altri agenti fisici e ad agenti chimici, questa sensibilità è variabile in funzione dello stadio di sviluppo.

Prima dell’impianto dell’ embrione (9° giorno dalla fecondazione), gli effetti di una irradiazione possono determinare la morte dell’ embrione stesso o, in alternativa, non avere conseguenze sul suo sviluppo.

Durante la fase fetale (dall’ inizio del 3° mese fino al termine della gravidanza) la frequenza e la gravità delle malformazioni diminuiscono, mentre risulta rilevante il rischio di uno sviluppo difettoso del sistema nervoso centrale che è radiosensibile per buona parte di questo periodo. 

La radiosensibilità alle R.I. del cervello del feto è massima tra l’ottava e la quindicesima settimana dal concepimento e l’irradiazione può portare ad un ritardo mentale. Il ritardo mentale è quindi il danno principale; non dovrebbe tuttavia essere apprezzabile alcun effetto sul quoziente di intelligenza fino a dosi dell’ordine di 100 mSv.

  • LO SVILUPPO EMBRIONALE

Si possono individuare schematicamente tre stadi dello sviluppo embrionale:

  •  Impianto dell’uovo (9-14 giorni).
  •  Organogenesi (15-50 giorni).
  •  Fase fetale (50-280 giorni).

In ciascuna fase le radiazioni possono, se assorbite dall’embrione in dosi elevate, produrre effetti specifici che vanno dalla morte dell’uovo segmentato (con conseguente espulsione prima dell’annidamento) alle malformazioni vere e proprie, a vari effetti che possono essere riassunti in un ritardo o in un deficit dello sviluppo psicofisico o all’induzione di neoplasie maligne.

In ogni caso man mano che lo sviluppo fetale si avvia a compimento, si riduce di pari passo la sensibilità del feto alle radiazioni. Infatti a partire dal secondo mese, gli effetti morfologici dell’irradiazione divengono meno importanti, a seguito del progressivo aumento delle cellule in ciascun tessuto, ciò che rende meno probabile la lesione di un numero sufficiente di cellule, capace cioè di dar luogo a malformazioni gravi.

  • GLI STUDI SUGLI EFFETTI

Va detto che tutti questi effetti sono stati osservati in studi su sopravvissuti all’esplosione della bomba atomica a Hiroshima, oppure su bambini irradiati in utero a dosi considerevoli, a causa di una radioterapia eseguita su madre durante la gravidanza.

Altri studi su bambini, specie quelli nati dopo il 1960 ed esposti durante la vita fetale a basse dosi per esecuzione di esami di radiodiagnostica, hanno dato risultati diversi.

Nell’ uomo, i difetti più importanti osservati sono la microcefalia e il ritardo mentale che è verosimilmente provocato da un deficit nelle cellule cerebrali. Il periodo tra l’ottava e la sedicesima settimana corrisponde alla fase di proliferazione rapida dei neuroblasti, che sono assai radiosensibili, e alla migrazione dei neuroni corticali che dalle regioni paraventricolari si portano fino alla corteccia.

Per quanto riguarda l’induzione di neoplasie maligne, nonostante un’ampia letteratura che mostra l’insorgere soprattutto di leucemie a seguito dell’esplosione nucleare di Hiroshima, il rischio di neoplasie maligne in bambini sottoposti durante la vita fetale a pelvimetria nel terzo trimestre (circa 10 mGy) e controllati per 14 anni dopo la nascita è risultato pari allo 0,064%/10 mGy in più dal rischio naturale dello 0,1%.

  • IL RISCHIO TERATOGENO

Il rischio globale è comunque di modesta entità: esso è quantificabile fra zero e un caso su 1000 nati vivi per una dose embrio-fetale di 10 mGy nel primo quadrimestre della gestazione.

  • IL RISCHIO GENETICO

Oltre al rischio teratogeno, esiste un rischio genetico, dovuto all’irradiazione delle cellule germinali in un maschio o in una femmina non gravida.

Le mutazioni così risultanti possono trasmettersi per generazioni. Il rischio di anomalie genetiche indotte dalle radiazioni è dell’1% per 1 Gy.

L’esposizione paterna prima del concepimento aumenta il rischio di leucemia nei figli.

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