Pitagora, nel VI secolo a. C., quando in Grecia nascevano insieme la filosofia e la scienza, formulò una teoria della luce secondo la quale dall’occhio partono raggi visuali rettilinei che, toccando i corpi, eccitano la sensazione visiva.
Per Empedocle /circa 483 – 423 a. C.), fu Afrodite, la Dea dell’Amore, che foggiando i nostri occhi con i quattro elementi di cui egli credeva fossero fatte tutte le cose (terra, acqua, aria e fuoco) vi accese il fuoco, a somiglianza di un uomo che accende una lanterna per rischiarare il cammino di notte. La vista avveniva, quindi, procedendo dall’occhio all’oggetto: gli occhi irraggiavano la loro propria luce.
Platone (circa 428 – 27 – 348 – 47 a. C.) supponeva che fosse il fuoco dell’occhio a farne uscire la luce e che questa luce interiore si fondesse con la luce del giorno e costituisse un legame fra gli oggetti del mondo e l’anima, diventando il ponte lungo cui i minimi movimenti degli oggetti esterni passano e creano la sensazione della vista. Secondo il filosofo due luci – una interna e una esterna – si fondono e agiscono da mediatrici fra l’uomo e un mondo esterno scuro e cavernoso.
L’INIZIO
Il delicato inizio della transizione verso una concezione meccanica della vista iniziò con Euclide, il grande matematico alessandrino, vissuto intorno al 300 a. C., che nei suoi scritti sull’Ottica fornì una brillante teoria geometrica della vista. Euclide continuava a credere che la luce emanasse dall’occhio ma, a differenza della vaga emanazione luminosa ed eterea di Empedocle e Platone, essa diventava un raggio di luce, una linea retta, suscettibile di logica deduttiva e di prova geometrica.
Nei suoi estesi studi matematici il filosofo dette forma geometrica ai raggi visuali, sviluppando alcune delle leggi dell’ottica geometrica così come oggi le conosciamo. Egli, e come lui Archimede (circa 287 – 212 a. C.) ed Erone (III o II secolo d.C.), si ricollegavano a Pitagora e ai pitagorici. Invece Democrito (470 – 360 a. C.) e gli atomisti avevano ipotizzato che dagli oggetti illuminati partissero atomi, costituenti immagini dei corpi medesimi, i quali, raccolti dall’occhio, generavano la visione.
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