DAL REDDITO DI CITTADINANZA AL REDDITO DI INCLUSIONE

dal reddito di cittadinanza al reddito di inclusione

In Italia la povertà è cresciuta molto con la crisi: ci sono 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta per un totale di quasi 5 milioni di individui. L’indigenza è legata a doppio filo alla bassa partecipazione al mercato del lavoro.

Dopo svariate sperimentazioni territoriali, con l’avvio del Reddito di Inclusione (REI), da gennaio 2018 l’Italia si è dotata di uno strumento universale di contrasto alla povertà su scala nazionale. Il REI è stato previsto per raggiungere le famiglie in povertà, attraverso soglie di accesso sia reddituali sia patrimoniali. Tuttavia, è partito con scarsi finanziamenti (2,1 miliardi di euro nel 2018) e si stima che potrà coprire solo la metà della platea.

COSA È IL REDDITO DI CITTADINANZA

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Il Reddito di cittadinanza è il nome con cui viene chiamato il sussidio istituito dalla Repubblica Italiana con il decreto legge 28 gennaio 2019, n°4. È una forma condizionata e non individuale di reddito minimo garantito.

È una misura di portata sociale ed economica, inserite nella legge di Bilancio 2019 dello Stato italiano, approvata gli ultimi giorni del dicembre 2018. Il Reddito di Cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale.

È un sostegno economico erogato da INPS ed è rivolto alle famiglie che si trovano in condizioni di necessità. Mira al contrasto della povertà, al reinserimento nel mondo del lavoro e all’ inclusione sociale attraverso l’accrescimento delle competenze dei beneficiari.

La misura prevede da parte dei beneficiari l’adesione ad un percorso di collaborazione con il Centro per l’Impiego o/e con il Servizio Sociale del territorio. I beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale. Gli obiettivi del Patto sono personalizzati e individualizzati sulla base dei bisogni dei singoli componenti e del nucleo famigliare.

LE CARATTERISTICHE DEL RDC

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  • Il reddito di cittadinanza, che si può abbreviare con l’acronimo RdC, è un sostegno economico alle famiglie e con lo scopo di reinserire nel mondo del lavorativo i componenti del nucleo familiare che si trovano in difficoltà perché hanno perso il lavoro.
  • Il beneficio economico ammonta a € 780 a persona e viene assegnato tramite una carta prepagata emessa da Poste Italiane (Carta RdC); esso è riservato a coloro che non superato un certo reddito che deve essere documentato tramite l’ISEE. Ne possono usufruire tutti, cittadini italiani o stranieri. Tuttavia questi ultimi devono essere residenti in Italia da almeno 10 anni.
  • La legge prevede norme particolari per le persone disabili e per gli anziani. Per anziani si intendono coloro che hanno raggiunto i 67 anni: essi hanno diritto al beneficio, che in questo caso si chiama pensione di cittadinanza purché ricorrano certe situazioni reddituali di svantaggio.
  • L’assegno non è universale (viene versato solo a disoccupati, inoccupati o lavoratori che hanno una situazione economica ISEE inferiore a una certa soglia).
  • L’assegno non è incondizionato (ci sono una serie di obblighi, quali iscriversi a un centro d’impiego, eventualmente svolgere senza “ulteriore” compenso lavori di pubblica utilità, eventualmente accettare proposte di lavoro ritenute “congrue” da terzi dopo un tot di rifiuti, etc.).
  • Il sostegno economico non è di tipo individuale (subisce variazioni in riferimento al proprio status familiare, e non può essere richiesto/erogato a ogni singolo individuo facente parte di un nucleo familiare, ma solo a un individuo rappresentante ciascun nucleo familiare).
  • Il sostegno economico non è automatico (stante la presenza dei requisiti, viene erogato solo in presenza di idonea domanda, correlata inoltre da altri documenti/certificazioni altrimenti non obbligatori per il cittadino – esempio: isee).

LA DECADENZA E GLI ILLECITI DEL BENEFICIO

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Per perdere il beneficio basterà il rifiuto della prima offerta di lavoro congrua (nell’RdC la decadenza scatta dopo il secondo rifiuto) cioè un’offerta di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, anche in somministrazione, non inferiore a 3 mesi entro 80 km dal luogo di residenza.

Per quanto riguarda gli illeciti le notizie su soggetti che hanno percepito illecitamente tale reddito sono regolarmente riportate dai vari media. A novembre 2021, oltre 48 milioni di euro sono stati erogati senza che ve ne fossero i presupposti. Da controlli dei Carabinieri, sono stati rilevati nel 2019 10.778 illeciti per 969.450,68 euro; nel 2020 18.131 illeciti per 5.614.247,80 euro; nel 2021 (ma i dati sono parziali) 156.822 illeciti per 41.359.042,02 euro.

IL GOVERNO MELONI

La Meloni, che non ha mai fatto mistero della sua ostilità verso il reddito di cittadinanza nella sua forma attuale, ha promesso in campagna elettorale di intervenire per modificare il sussidio destinato alle famiglie in difficoltà e ai disoccupati in cerca di lavoro.

Da Settembre la «Mia» sostituirà il Reddito di Cittadinanza. Ecco come Funziona.:

IL RDC VERRA’ SOSTITUITO DALLA MIA

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Il Governo Meloni intende varare i primi dettagli della misura a decorrere dal 1° settembre 2023 in sostituzione del Reddito e della Pensione di Cittadinanza. Basterà il rifiuto della prima offerta di lavoro congrua per perdere il beneficio.

Dal 1° settembre 2023 il reddito e la pensione di cittadinanza andranno in soffitta e saranno sostituiti dalla «Mia», la misura per l’inclusione attiva. Lo prevede la prima bozza di decreto attuativo del nuovo sussidio contro la povertà che il Governo Meloni ha annunciato ad inizio anno. Rispetto all’RdC il nuovo sussidio riduce il beneficio per gli ultra 67enni attuali percettori della Pensione di Cittadinanza e per le famiglie con figli aventi diritto all’assegno unico. Si riducono anche le platee degli aventi diritto con la soglia ISEE dagli attuali 9.360€ vigenti per l’RdC a 7.200€.  

Consiste in una integrazione del reddito familiare fino a 6.000 euro annui (da adeguare con la c.d. “scala di equivalenza”). Nello specifico la soglia cresce del 40% per ogni per componente con più di 18 anni che non usufruisce dell’assegno unico sino ad un massimo del 220% in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza. I figli minori (a differenza dell’RdC) non sono conteggiati nella scala di equivalenza in quanto percepiscono l’assegno unico. In tal caso, per ciascuno di essi, viene riconosciuto un importo mensile della Mia in misura pari a 50€. Non è prevista, inoltre, alcuna integrazione in caso di affitto o mutuo per la prima casa.

L’importo, inoltre, è graduato a seconda delle due diverse categorie di beneficiari:

  • Ai nuclei familiari con almeno un componente con disabilità o minorenne o con almeno 60 anni d’età, spetta al 100%, cioè nella misura intera sopra calcolata.
  • Ai nuclei familiari senza componenti disabili o minorenni o con almeno 60 anni d’età, spetta al 75% della misura calcolata, cioè con una riduzione del 25%.

CHI SONO I BENEFICIARI DELLA MIA

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Il nuovo strumento ricalca l’Rdc. Si tratta di un beneficio economico corrisposto tramite una carta di pagamento elettronica ricaricabile (cd. «Carta Mia») al nucleo familiare. La Mia potrà essere richiesta dai cittadini dell’Unione o suoi familiari che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero dai cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Al momento della presentazione della domanda è richiesto l’accertamento della residenza in Italia per un periodo di almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

La prestazione sarà riconosciuta a favore di due categorie di nuclei familiari:

  • Ai nuclei familiari con almeno un componente con disabilità o minorenne o con almeno 60 anni d’età.
  • Ai nuclei familiari senza componenti disabili o minorenni o con almeno 60 anni d’età.

L’ASSEGNO DI INCLUSIONE PREVISTO PER GENNAIO 2024

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La misura che sostituirà il reddito di cittadinanza nel 2024, detta assegno di inclusione, dopo le varie formulazioni proposte nei giorni scorsi, è definitivamente entrata nel decreto legge 48 2023 pubblicato ieri in Gazzetta. Si prevedono in realtà duediversi strumenti di sostegno contro la povertà e l’esclusione sociale, con platee e orizzonte temporale diversi ovvero: 

  • Il nuovo” Assegno di inclusione” in vigore da gennaio 2024 (non inferiore a 480 euro mensili) per i nuclei con componenti “fragili” e con impostazione molto simile a quella del vecchio RDC.
  • Una misura temporanea “Supporto per. la formazione e il lavoro ” (350 euro) per chi oggi percepisce il Reddito di cittadinanza (che cessa a settembre 2023) ma non rientra nelle categorie svantaggiate citate sopra, con durata massima 12 mesi.

I contributi economici saranno erogati dall’Inps su richiesta tramite la piattaforma telematica che sarà aggiornata prossimamente.

Per la gestione invece delle attività obbligatorie di orientamento, formazione e lavoro collegate agli assegni si prevede un nuovo sistema informatico “SIISL”   condiviso con ministero, regioni, enti locali, ANPAL che dovrà essere istituito con decreto ministeriale entro la fine giugno 2023.

I REQUISITI E LE MODALITÀ DI FRUIZIONE

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Vediamo di seguito qualche dettaglio in più in particolare sull’Assegno di inclusione:

  • Il contributo economico dell’Assegno di inclusione consisterà in una integrazione al reddito fino a 6mila euro l’anno (innalzato a 7560 nel caso tutti i componenti abbiano almeno 67 anni oppure in presenza di disabili gravi) moltiplicato per la scala di equivalenza sulla base dei componenti, con importo minimo pari a 480 euro e integrazione per l’affitto fino a un massimo di 3360 euro annui o pari a 1800 euro per nuclei composti da over 67 o con disabili gravi o non autosufficienti.
  • L’assegno di inclusione durerà 18 mesi con stop di 1 mese e possibili rinnovi per ulteriori 12 mesi sempre con 1 mese di stop.
  • In caso di avvio di attività di lavoro l’assegno sarà cumulabile con i relativi redditi fino a 3000 euro annui, che andranno comunicati all’INPS.
  • Per i primi due mesi di variazione del reddito l’assegno è comunque garantito.

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