RICHIAMI INTRODUTTIVI
Dato il carattere essenzialmente didattico della trattazione, si è ritenuto opportuno richiamare brevemente le principali leggi limitandosi a quelle di maggior interesse metallurgico. Per una trattazione completa e più scientifica si rimanda ai trattati di chimica generale e di chimica – fisica.
SISTEMI CHIMICI
Occorre innanzitutto richiamare l’attenzione sull’esame del comportamento di sistemi termodinamici a più componenti, nei quali possono avere luogo reazioni chimiche.
Un sistema è limitato dal resto dell’universo da un contorno che può essere un involucro materiale, oppure una superficie puramente geometrica. Diamo nome di ambiente a quella parte del resto dell’universo costituita dai corpi e dalle regioni spaziali che sono contigui al sistema.
Di un sistema si riescono a caratterizzare i fenomeni, i loro effetti e le leggi che li regolano, mentre per il resto dell’universo si studiano solo i rapporti che esso ha con il sistema.
Questi sistemi si dividono in omogenei ed eterogenei.
Se si prendono in considerazione le proprietà delle sostanze che costituiscono un sistema:
- Le variabili fisiche (temperatura e pressione).
- La composizione chimica.
- Lo stato di aggregazione.
Sono sistemi omogenei quelli nei quali, in tutti i punti, si osserva uguale temperatura e pressione, identica composizione chimica e un unico stato di aggregazione.
Una regione omogenea di un sistema viene chiamata fase.
Un sistema viene chiamato eterogeneo se è costituito da due o più fasi e se l’attraversamento delle superfici che separano le fasi comporta una variazione discontinua di una o più variabili intensive come ad esempio la densità o la concentrazione dei diversi componenti.
Così un sistema costituito da un liquido in presenza del suo vapore è eterogeneo, e comprende le due fasi liquida e aeriforme; un bagno metallico liquido e la scoria che lo ricopre è un sistema eterogeneo, ed il bagno e la scoria ne rappresentano le fasi; parametri sono eterogenei i sistemi formati da un ossido solido in presenza dei prodotti della sua dissociazione solidi o gassosi, come pure i miscugli anche apparentemente intimi di due polveri macroscopicamente diverse, ed infine anche le sospensioni di una polvere in un liquido. In questi ultimi casi va notato che il numero delle fasi è sempre due, perché devono intendersi come costituenti un’unica fase tutte quelle parti del sistema che, avendo uguale composizione chimica ed uguali proprietà fisiche, si trovano eventualmente separate fra loro.
Una generica trasformazione chimica che può avere luogo in un sistema verrà indicata come segue:
Dove A, B, …., M, N, indicano le diverse specie chimiche che partecipano alla reazione; a, b, …., m, n …, indicano invece i corrispondenti coefficienti stechiometrici. La doppia freccia sta a ricordare che la reazione indicata può avere luogo in entrambi i sensi, cioè da destra a sinistra o viceversa, a seconda delle condizioni fisiche in cui si trova il sistema.
Se una reazione, per un certo senso di svolgimento, avviene con assorbimento di calore, essa viene chiamata endotermica, se con sviluppo di calore è esotermica. Rarissimo è il caso in cui, in determinate circostanze, una reazione avvenga senza pratico sviluppo né assorbimento di calore.
La quantità di calore Q assorbita o svolta in una reazione, e riferita ad un numero di moli delle singole specie reagenti pari ai corrispondenti coefficienti stechiometrici, prende il nome di calore di reazione; essa viene considerata, secondo norme recentemente unificate in sede internazionale, come positiva nel primo caso, cioè per le reazioni endotermiche, e negative nel secondo, cioè per le reazioni esotermiche.
Il calore di reazione, secondo questa convenzione, ha valore uguale e segno contrario alla tonalità termica.
Il calore di reazione, se la reazione si svolge senza variazioni di volume, viene detto calore di reazione a volume costante, ed è indicato con Qv; analogamente se la reazione si svolge in ambiente a pressione costante si ha il calore di reazione a pressione costante Qp.
Tra Qv e Qp per i gas perfetti sussiste la seguente reazione:
Dove T è la temperatura assoluta del sistema supposta costante, e ∑ vi la somma algebrica dei coefficienti stechiometrici (che per convenzione si prendono positivi se al secondo membro, negativi se la primo) delle specie che partecipano alla reazione.
Nel caso dei sistemi condensanti si può porre Qp = Qv , essendo per essi trascurabile la variazione di volume che accompagna le azioni chimiche.
Molto importante è conoscere le variazioni del calore di reazione con la temperatura, variazioni che sono in generale tutt’altro che trascurabili, salvo pochi casi come quello di reazioni tra corpi solidi, per i quali si può approssimativamente ammettere Q indipendente dalla temperatura.
Si può dimostrare (legge di Kirchhoff) che:
Essendo Ci i calori specifichi molari di una generica delle specie reagenti, e di quelle ottenute dalla reazione; per cui tra i calori di reazione Qi e Q2 a due diverse temperature T1 e T2 vale la reazione:
Questa espressione vale sia per i calori di reazione a volume costante, che per quelli a pressione costante.
Per poter effettuare l’integrazione dell’equazione precedente occorre conoscere le leggi che esprimono la variazione dei calori specifici molari in funzione della temperatura; in generale si può porre:
La (1.b) permetterà allora di calcolare il calore di reazione Q2 ad una temperatura qualunque T2, noto quello Q1 alla temperatura T1.
La misura della concentrazione di una specie A si esprime mediante il numero di moli contenute nell’unità di volume. Questa è la concentrazione molare e si può indicare ponendo il simbolo della sostanza tra parentesi quadre:
Nel caso di una miscela gassosa talora si preferisce impiegare al posto della concentrazione una grandezza ad essa proporzionale, cioè la pressione parziale dei diversi componenti.
Se ai gas che fanno parte della miscela considerata si applica la relazione PV = RT modificata in modo da avere:
- Al posto della pressione P, la pressione parziale del gas i nella miscela indicata con pi
- Al posto del volume V, il volume nel quale è contenuta una mole del gas indicato con Vi
Ed osservando che, ad esempio, la concentrazione molare dei gas Ai è data allora da:
Si ricava immediatamente la formula che lega la pressione parziale alla concentrazione molare:
Sovente si usano pure le frazioni molari, definite come il rapporto fra il numero di moli delle singole specie molecolari ed il numero totale di moli del sistema.
Indicandole con:
Si ha, ad esempio:
Ove ni rappresenta il numero di moli di una specie generica, e ∑ni il numero totale di moli.
Anche in questo caso una relazione semplice lega le frazioni alle concentrazioni molari.
Sia ad esempio da ricercare la frazione molare Xi della generica specie gassosa Ai alla pressione totale P. si può scrivere partendo dalla definizione di concentrazione molare:
In questa equazione V è il volume del sistema gassoso, e quindi l’espressione V/∑ni indica il volume occupato da una mole alla pressione totale P.
L’equazione dei gas perfetti, applicata al volume totale V, nel quale sono contenute complessivamente ∑mi moli, alla pressione totale P, assume la forma:
Dalla quale:
Sostituendo allora nella precedente si ha la relazione:
Confrontando con l’espressione di pi risulta pure, per il caso di un sistema omogeneo gassoso:
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