UNA RICETTA PER L’ECONOMIA EUROPEA

una ricetta per l’economia europea

Perdita di competitività, mancato sviluppo, disoccupazione sono fattori allarmanti. Ma, sosteniamo, la crisi non è irreversibile.

CONSIDERAZIONI

In questi ultimi tempi si parla sempre più spesso di declino politico ed economico dell’Europa. Non sono un europessimista: credo che il futuro di questo continente dipenda dalla volontà di noi europei e che possiamo, e dobbiamo, porre sulla bilancia degli equilibri politici del mondo il peso della nostra lunga tradizione di libertà e di democrazia. Ma il peso politico dipende dalla forza economica, e la nostra debolezza economica è la causa prima dell’appannamento della presenza politica dell’Europa nel mondo.

Prima di tutto c’è la perdita di competitività dell’Europa. Nel 1984 si è chiuso con un passivo record della bilancia commerciale della Comunità nei confronti del Giappone: quasi 13 miliardi di dollari.

Il secondo fattore della crisi europea degli ultimi anni è lo sviluppo. Il prodotto interno lordo dell’Europa è cresciuto negli ultimi anni a tassi inferiori di poco a quello degli Stati Uniti e di molto a quello del Giappone. Le previsioni fino al 1990 assegnano agli Stati Uniti crescita intorno al 3 per cento e al Giappone tra il 4 e il 5 per cento, contro un valore inferiore al 3 per cento per l’Europa.

Il terzo aspetto della crisi è la disoccupazione. Dieci anni fa, l’offerta di lavoro della Comunità Europea era superiore a quella degli Stati Uniti: 108 milioni di unità contro 94.

Tra il 1975 e il 1984, gli Stati Uniti hanno creato 18 milioni di posti di lavoro e l’Europa nessuno. Dodici milioni e mezzo di disoccupati sono il problema sociale più grande che l’Europa ha oggi di fronte.

Eppure l’Europa possiede tutte le capacità e le potenzialità per superare questa situazione. Esistono settori in cui l’industria europea è in vantaggio sul piano delle innovazioni, come il nucleare, i farmaceutici, l’industria automobilistica e la robotica. E se la spesa complessiva per la ricerca e lo sviluppo dell’Europa è oggi inferiore a quella degli Stati Uniti equivale però al doppio di quella del Giappone. Il nostro vero ritardo è nella difficoltà che incontriamo a combinare in modo produttivo e competitivo le risorse di cui l’Europa nel suo insieme dispone. Perché abbiamo perso in competitività? Consideriamo questi fatti. Tra il 1970 e il 1983 in Europa il salario reale nell’industria manifatturiera ha totalmente assorbito gli incrementi di produttività; ciò non è accaduto negli USA e in Giappone. Oggi il numero di ore annue lavorate per addetto, in Europa, è molto al di sotto rispetto al Giappone; eppure esistono pressioni per ridurlo ulteriormente.

Ma il nostro ritardo più forte è proprio nell’utilizzo della risorsa Europea. È illusorio pensare di poter risolvere i problemi dello sviluppo separatamente nell’ambito di ciascuno stato. I tentativi di riequilibrio economico di un paese producono elementi di squilibrio a danno degli altri. Le pressioni delle industrie nazionali sui rispettivi governi per alzare steccati protezionistici generano ridicole e improduttive guerricciole economiche in cui tutti hanno da perdere. L’Europa dei 12 è un mercato di 320 milioni di abitanti, più grande di quello degli Stati Uniti, che è di 239; più grande di quello del Giappone, che è di 120 milioni. Potrebbe essere un mercato interno adeguato a sostenere un sistema industriale di dimensioni continentali e una solida base di appoggio per affrontare la competizione mondiale. Purtroppo, questo mercato è oggi, per gran parte, un’astrazione.

Trasportare merci da una città all’altra di questo grande mercato può significare fermarsi numerose volte per subire controlli alle frontiere. Realizzare insediamenti industriali in luoghi diversi per sfruttare meglio le opportunità della localizzazione può significare dover spezzettare l’impresa in più società sotto regimi giuridici diversi e sottostare ad adempimenti fiscali diversi. Utilizzare gli strumenti dell’informatica attraverso l’Europa, può essere una difficoltà insormontabile, data la diversità degli standard esistenti, un problema che genera costi addizionali enormi.

Senza aspettare l’unificazione politica e istituzionale, ancora purtroppo molto lontana, bisogna accelerare i tempi di realizzazione di obiettivi parziali ma concreti. Per esempio, l’obiettivo della omogeneità degli standard necessario per stimolare la rapida diffusione delle innovazioni: l’obiettivo di un flusso di traffici semplice e veloce attraverso tutto il continente.

Questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso il comportamento di iniziative enunciate e avviate e tuttora ferme a metà strada. Un esempio è l’unificazione delle norme giuridiche e fiscali sulle società, in modo da rimuovere gli ostacoli attuali alla espansione delle attività imprenditoriali e porre le basi per una vera impresa di diritto europeo. L’abolizione delle incongruenze in materia di iva che sono la causa principale dei controlli e dei ritardi al passaggio delle frontiere. La realizzazione di una vera moneta comune: non credo che possiamo continuare a lungo a esprimere i nostri traffici nelle monete nazionali quando un continente come gli Stati Uniti parla la lingua del dollaro e tutta l’Asia ha lo yen come fondamento monetario.

È attraverso azioni come queste che possiamo far funzionare in modo europeo i meccanismi elementari della nostra economia. Questo richiede a ciascun paese la rinuncia ai piccoli vantaggi di breve periodo per altri più durevoli, il superamento di municipalismi arcaici e privi di senso nel mondo moderno.

Siamo un continente in cui si affiancano culture, esperienze, tradizioni diverse. Queste differenze sono state fino a oggi motivo di divisione e di debolezza. Possono diventare la nostra forza, se riusciremo nell’intento di fonderle in un patrimonio comune di capacità economica, di innovazione, di imprenditorialità.

NOTE

Ho inventato un gioco, bellissimo, che consiglio a tutti. Ogni sera, al buio, mi accosto a uno scaffale della libreria e pesco un libro, a caso, costringendomi a leggerlo. Qualunque sia il libro. Sono viaggi meravigliosi, in terre inesplorate. Altro che le crociere esotiche che ci propongono le agenzie.

Ogni volta che muore un uomo muore anche un bambino, e un adolescente e un giovane, perché ciascuno piange del morto la persona che aveva conosciuto e amato in un certo periodo della sua vita.

    By Meccanica Tecnica

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